IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la seguente decisione sui ricorsi:
      n.  1324/1992  proposta  da:  Katia Summaria, Salvatore Vitello,
 Michele Di Mauro, Massimo Moriconi, Piero De Crescenzo, Laura  Longo,
 Daniela  Canepa,  Marcello  Pacini, Bruno Capponi, Vincenzo Barbieri,
 Anna  Passannanti,  Renato  Preziosi,  Giuseppe  Di   Salvo,   Sergio
 Pannunzio,  Anna  Battisti,  Salvatore  Cirignotta,  Francesco  Nitto
 Palma, Luisanna Figliolia, Emilio Pocci, Massimo D'Ambrosio,  Daniela
 Blasutto,  Eleonora  Lombardi,  Carlo  Maria  Zampi, Francesco Scavo,
 Roberto Ghiron, Angelo Matteo Socci, Teresa Franca  Stella  Giardino,
 Anna  Mantovani,  Barbara Mazzullo, Mario Pinelli, Camillo Romandini,
 Claudio Cicchella, Maria Vulpio,  Rosanna  Scire'  Risichella,  Mario
 Fresa,  Pietro  Ferrante, Giulio Romano, Silvio Magrini Alunno, Mario
 Rosario Ciancio,  Giovanni  Berti  Marini,  Maurizio  Maselli,  Fabio
 Massimo  Gallo,  Enrica D'Antonio, Giovanni Cannella, Rosalia Floris,
 Amelia Torrice, Elisabetta Mariani, Luigi Pecora, Maria Luisa  Rossi,
 Paolo  Cocchia,  Rosa Scotto Di Carlo, Domenico Introcaso, Anna Maria
 Franchini,  Maria  Rosaria  Minutolo,  Lucio   Bochicchio,   Giovanni
 Buonomo, Mariagiulia De Marco, Silvana Maria Arbia, Carla Menichetti,
 Rossana   Brancaccio,   Roberto   Centaro,  Aldo  Giubilaro,  Antonio
 Oricchio, Giovanni Mammone, Ernesto Stajano, Diego  Mattelini,  Carlo
 Maria Pellicano, Antonio D'Amato, Claudio Marassi, Giuseppe Pagliani,
 Ettore  Pedicini,  Roberto  Urgese, Enzo Vincenti, Stefano Cardinali,
 Bruno Scicchitano, Vincenzo Gaetano Capozza,  Alfredo  Matteo  Sacco,
 Antonella  Capri, Antonino La Malfa, rappresentati e difesi dall'avv.
 Giovanni Di Gioia ed elettivamente domiciliati presso il  suo  studio
 in Roma, piazza Mazzini n. 27;
      n.  1492/1992  proposto  da:  Piera Vipiana, Rosa Alba Recupido,
 Emilio Gatti, Maria Margherita Zuccolini, Alberto  Landolfi,  Massimo
 Cusatti,  Giovanni  Zerilli,  Marina Aicardi, Paola D'Ovidio, Massimo
 Caiazzo e Cristina Dagnino;
      n.  1493/1992  proposto  da:  Isabella Silva, Donatella Aschero,
 Patrizia  Petruzziello,  Vittorio  Miniati  Ranjeri,  Enrico   Zucca,
 Giampiero   Cavatorta,   Anna  Lucia  Mussa  Ivaldi  Vercelli,  Maria
 Califano, Giuseppe Dagnino, Alessandra  Scarzella,  Marco  Panicucci,
 Sergio  Merlo,  Maria  Gavina  Meloni,  Maria  Teresa Rubini, Daniela
 Faraggi, Cinzia  Casanova,  Angela  Latella,  Mery  De  Luca,  Alvaro
 Vigotti,  Glauco Gandolfo, Marcello Castiglione, Alessandro Barenghi,
 Maria Franca  Borzone,  Silvia  Carpanini,  Federico  Augusto  Mazza,
 Roberto  Settembre, Rosa Maria Di Virgilio, Marina Maistrello, Franca
 Maganza, Massimo  Todella,  Annaleila  Dello  Preite,  Franca  Oliva,
 Francesco   Mazza   Galanti,  Giuseppe  Orio,  Cesare  Proto,  Renato
 Delucchi;
      n. 1494/1992 proposto da: Maurizio De Matteis, Pietro  Lamberti,
 Silvana Oronzo, Francesca Nanni e Paola Calleri;
      n.  1495/1992  proposto  da: Giovanni Sgambati, Alberto Cardino,
 Maria Cristina Failla, Maurizio Caporuscio, Bruno Giardina, Francesco
 Sorrentino, Pasqualina Fortunato, Marina Orsini, Michele  Fornaciari,
 Paola Ghinoy e Laura Rotolo;
      n.  1496/1992  proposto  da:  Elisabetta  Vidali, Adriano Patti,
 Marcello Bruno e Filippo Gebbia, tutti rappresentati e  difesi  dagli
 avv.ti  Giovanni  Di  Gioia  e  Maria  Grazia Lanero ed elettivamente
 domiciliati presso lo studio del primo in Roma, piazza Mazzini n. 27;
 contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro in
 carica; il Ministero del tesoro, in persona del Ministro  in  carica;
 per  ottenere la declaratoria del loro diritto all'attribuzione dello
 stesso trattamento economico corrisposto al collega  dott.  Francesco
 Esposito,  nominato  uditore  giudiziario con decreto ministeriale in
 data  25  febbraio  1989.  Con  condanna  delle  amministrazioni   al
 pagamento,   in   favore  dei  ricorrenti,  di  tutte  le  differenze
 retributive verificatesi a decorrere dal 25 febbraio 1989, maggiorate
 della  rivalutazione  monetaria  e  degli   interessi   sulle   somme
 rivalutate, interessi riferiti agli importi dovuti al lordo sia delle
 ritenute fiscali che di quelle previdenziali ed esenti essi stessi da
 tali ritenute;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visto  l'atto di costituzione in giudizio dell'avvocatura generale
 dello Stato;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita  alla  pubblica  udienza del 15 luglio 1992 la relazione del
 consigliere Goffredo Zaccardi e udito, altresi', l'avv. Marzano per i
 ricorrenti  e  l'avv.  dello  Stato  Cingolo  per   l'amministrazione
 resistente.
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    I  ricorrenti,  appartenenti  alla  magistratura  ordinaria con la
 qualifica di magistrato di tribunale,  sono  stati  assunti  in  data
 anteriore al 25 febbraio 1989.
    Il  loro  trattamento  economico  e'  stato determinato in base ai
 criteri stabiliti dalla legge n. 425 del 6 agosto 1984.
    Con  provvedimento  del Ministero di grazia e giustizia in data 24
 aprile 1989 (pubblicato sul Bollettino ufficiale n. 16 del 31  agosto
 1990)  al  dr.  Antonio  Francesco  Esposito - uditore giudiziario in
 tirocinio presso il tribunale di  Roma  (nominato  con  d.m.  del  25
 febbraio  1989)  gia'  referendario  parlamentare  del  Senato  della
 Repubblica con la retribuzione annua lorda  di  L.  54.530.000  -  e'
 stato  attribuito  lo stipendio annuo lordo di L. 54.951.403 nonche',
 al  compimento  di  sei  mesi,  lo  stipendio  annuo  lordo   di   L.
 55.425.000.
    L'attribuzione  di tale trattamento economico e' stata determinata
 dal riconoscimento, in favore del  dott.  Esposito,  del  diritto  al
 computo   del   maturato  economico  nella  precedente  carriera  sin
 dall'inizio del periodo di tirocinio da uditore giudiziario.
    Va evidenziato che, in virtu' dei successivi  aumenti  stipendiali
 derivanti  dalle  previsioni  della  citata  legge n. 425 del 1984, a
 decorrere dal 1› gennaio 1991 al dott. Esposito e'  stato  attribuito
 lo stipendio annuo lordo di L. 77.820.832.
    Il  trattamento  economico  attribuito  al dott. Antonio Francesco
 Esposito  dal  25  febbraio  1989  notevolmente  superiore  a  quello
 corrisposto,  nel  medesimo  periodo, ai ricorrenti nonostante che il
 dott. Esposito abbia minore anzianita' di  servizio  e  di  qualifica
 rispetto  ad  essi.    Onde evitare tale ingiustificata disparita' di
 trattamento i ricorrenti hanno richiesto al  Ministero  di  grazia  e
 giustizia  di  attribuire  loro  a  decorrere  dal  25 febbraio 1989,
 mediante  il  cosiddetto  allineamento   stipendiale,   il   medesimo
 trattamento   economico   riconosciuto  al  dott.  Antonio  Francesco
 Esposito.
    Le loro richieste sono  rimaste,  pero',  senza  esito  alcuno  e,
 quindi, in tale situazione i Magistrati ordinari indicati in epigrafe
 hanno  presentato ricorso a questo tribunale amministrativo regionale
 per la tutela dei loro diritti  patrimoniali,  fondata  sul  seguente
 articolato motivo che si riporta testualmente:
      "violazione  della  legge n. 27 del 1981, della legge n. 869 del
 20 novembre 1982, della legge n. 425 del 1984 e dei principi generali
 vigenti in materia, in relazione agli artt. 3, 36, 101 e segg.  della
 Costituzione.  Eccesso  di potere per illogicita', omessa valutazione
 di  presupposti,  disparita'  di   trattamento,   contraddittorieta',
 ingiustizia manifesta".
    L'unitarieta'  dell'esercizio  della  funzione  giurisdizionale e'
 stabilita,  in  modo  inequivoco,  dagli  artt.  101  e  segg.  della
 Costituzione.    In  applicazione di tale principio costituzionale il
 legislatore  ha  sempre  stabilito  un'assoluta   equiparazione   del
 trattamento  economico  dei  Magistrati  a  parita' di funzioni.   La
 circostanza  e'  stata  espressamente  riconosciuta  dalla  decisione
 dell'adunanza  plenaria  del  Consiglio  di  Stato n. 27 del 1983, la
 quale ha esaminato in modo ampio ed approfondito  la  disciplina  del
 trattamento   economico  dei  magistrati  ordinari,  amministativi  e
 contabili: "Tale identita' di  trattamento  economico  a  parita'  di
 qualifica-funzione  sembra  dunque  trovare  solido  fondamento negli
 stessi principi costituzionali  relativi  all'unitarieta'  funzionale
 della   giurisdizione   nonche',   di   riflesso,  nel  principio  di
 eguaglianza e di collegamento tra retribuzione e qualita' (oltre  che
 quantita')  dell'opera  prestata. Se egualmente delicata e importante
 e' la funzione e la sua  rilevanza  sociale,  se  pari  e'  -  almeno
 mediamente  -  il  livello  di preparazione professionale che si deve
 possedere  all'inizio e successivamente ampliare ed affinare, pari ha
 da essere anche il trattamento economico".
    Proprio per questo l'ordine giudiziario  e'  stato  articolato  in
 qualifiche  funzionali  con  progressione  economica  automatica  per
 anzianita' senza demerito, al fine di  evitare  il  formarsi  di  una
 qualsiasi   differenziazione  economica  non  strettamente  collegata
 all'esercizio delle funzioni giurisdizionali.
    Va evidenziato che sia le precedenti leggi, sia la  legge  n.  125
 del  1984  non  giustificano  per  i  magistrati  ordinari differenze
 retributive collegate a periodi di servizio  antecedenti  la  nomina.
 Infatti  per  la  partecipazione al concorso per la nomina ad uditore
 giudiziario (che costituisce la qualifica  temporanea  e  preliminare
 per  la definitiva immissione nell'ordine giudiziario, attuata con la
 promozione a magistrato di tribunale secondo le forme previste  dagli
 artt.   1   e  segg.  della  legge  n.  97  del  1979)  e'  richiesto
 semplicemente, oltre ad una certa eta', il possesso della  laurea  in
 giurisprudenza.
    La  natura  di  concorso  di  primo  grado,  nel  quale  i servizi
 pregressi non costituiscono  requisiti  di  ammissione,  preclude  di
 introdurre   differenziazioni   retributive   legate   a   precedenti
 esperienze.  L'attribuzione al dott. Antonio Francesco Esposito di un
 trattamento economico superiore a quello dei magistrati ordinari che,
 come i ricorrenti, hanno una maggiore anzianita'  di  carriera  e  di
 qualifica, viola pertanto i suddetti principi e le citate norme.  Una
 volta   riconosciuto  al  dott.  Esposito  un  trattamento  economico
 superiore derivante dalla conservazione del maturato economico  nella
 precedente  carriera,  l'amministrazione era obbligata ad adeguare il
 trattamento  economico  dei  ricorrenti  mediante  lo  strumento  del
 cosiddetto allineamento stipendiale.
    Esso  infatti  -  desunto dall'art. 4, terzo comma, seconda parte,
 del d.l. 27 settembre 1982, n. 681, come modificato dalla  legge  di
 conversione  20  novembre  1982,  n.  869,  del  seguente tenore: "Al
 personale con stipendio inferiore a quello spettante al  collega  con
 pari o minore anzianita' di servizio, ma promosso successivamente, e'
 attribuito  lo  stipendio  di  quest'ultimo" - costituisce rimedio di
 carattere generale volto a far  rispettare  l'imprescindibile  canone
 del  pari  trattamento a parita' di funzione, nella specie piu' volte
 evidenziato dalla giurisprudenza e, in particolare,  dalla  decisione
 n. 27 del 1983.
    Le  regole  (immutabili per la loro obiettivita' ed imparzialita')
 dell'eguaglianza, equita' e proporzionalita' - desumibili anche dagli
 artt.  3  e  36  della  Costituzione  -  precludono   di   attribuire
 trattamento economico diversificato a posizioni soggettive parificate
 sia  dalla  carta costituzionale che da tutte le leggi intervenute in
 materia.   Nessuna rilevanza preclusiva  ha,  rispetto  alla  domanda
 avanzata  con il presente ricorso, l'art. 1 della legge n. 265 dell'8
 agosto 1991 (con la quale sono state emanate  nuove  disposizioni  in
 materia  di  trattamento  economico  e di quiescenza del personale di
 magistratura ed equiparato).  Anzitutto perche' la norma ribadisce  e
 salvaguarda "la parita' di trattamento retributivo riconosciuta dalle
 vigenti   disposizioni   nell'ambito  dell'ordine  di  appartenenza".
 Orbene non vi e' dubbio che per  i  magistrati  ordinari  le  vigenti
 disposizioni  prescrivono  la  parita'  di  trattamento economico per
 coloro che rivestono la qualifica di magistrato di tribunale con pari
 anzianita'.
    In   secondo   luogo   perche'   la  norma  prevede  espressamente
 l'applicabilita'  nei  confronti  del   personale   di   magistratura
 dell'allineamento  stipendiale  di  cui all'art. 4 della legge n. 869
 del 1982.
    Inoltre la norma  fa  salva,  proprio  ai  fini  dell'allineamento
 stipendiale,  la valutazione degli elementi retributivi derivanti dal
 servizio   pregresso    prestato    nelle    carriere    dirigenziali
 dell'Amministrazione dello Stato o equiparate.
    E  non  vi  e' dubbio che il servizio di referendario parlamentare
 del Senato della Repubblica svolto dal dott. Esposito sia  equiparato
 a quello prestato nelle carriere dirigenziali dello Stato.
    Del  pari  irrilevante e' la disposizione dell'art. 1, terzo comma
 della legge n. 265 dell'8 agosto  1991,  secondo  cui  gli  eventuali
 trattamenti  di  maggior favore in godimento non sono applicabili per
 l'accesso a carriere  di  magistratura  mediante  concorso  di  primo
 grado.    Infatti  tale  disposizione,  di  carattere innovativo, non
 incide sulla posizione acquisita dal dott. Esposito  e,  quindi,  sul
 diritto   dei   ricorrenti   ad   ottenere  l'allineamento  del  loro
 trattamento stipendiale.   L'unica  disposizione  dell'art.  1  della
 legge  n.  265  del  1991  di carattere interpretativo e, quindi, con
 efficacia retroattiva e' quella di cui al quarto comma: "Per  importo
 corrispondente   alle   classi  o  aumenti  biennali  maturati  nella
 posizione di provenienza, di cui all'art.  5  della  legge  6  agosto
 1984,  n.  425,  deve intendersi l'incremento acquisito per classi ed
 aumenti periodici derivanti dall progressione economica relativa alla
 sola anzianita' di servizio effettivamente prestato  nella  posizione
 di provenienza".
    Proprio  per  questo solo in relazione ad essa il successivo sesto
 comma prevede il riassorbimento degli eventuali maggiori  trattamenti
 attribuiti,  conseguenti  ad  intepretazioni difformi: "Gli eventuali
 maggiori  trattamenti  spettanti  o  in  godimento,  conseguenti   ad
 interpretazione  difformi  da quelle stabilite dal quarto comma, sono
 conservati ad personam e sono riassorbiti con la  norma  progressione
 economica  e  di  carriera  o  con  i futuri miglioramenti dovuti sul
 trattamento di quiescenza".
    L'avvocatura generale dello Stato si e' costituita  per  resistere
 al ricorso osservando:
       a)  in  primo  luogo  che  il  trattamento  economico del dott.
 Esposito conservato ad personam al  momento  dell'accesso  nei  ruoli
 della magistratura per evitare una non consentita reformatio in pejus
 non  e' suscettibile di alcuna generalizzazione essendo pacificamente
 ancorato ad una situazione di carriera pregressa del tutto peculiare;
       b) in secondo luogo che la legge 8  agosto  1991,  n.  265,  ha
 carattere interpretativo e, quindi, essendo retroattiva si applica al
 caso  di  specie.  L'art.  1,  primo  e  terzo  comma, della legge n.
 265/1991 esclude che  il  trattamento  spettante  ai  funzionari  del
 Senato  e  ad essi conservato al momento di accesso alla magistratura
 possa essere fonte di  allineamento  stipendiale:  si  tratta  di  un
 beneficio  strettamente  personale  ne'  il funzionario del Senato e'
 equiparabile al dirigene dello Stato (primo comma); in ogni  caso  il
 "c.d.  allineamento  esterno"  e' escluso per l'accesso a carriere di
 magistratura con concorso di primo  grado  (terzo  comma)  ed  anche,
 pertanto, per la magistratura ordinaria;
      c) in terzo luogo che, anche a non voler considerare la legge n.
 265/1991, secondo l'ordinamento previgente l'allineamento stipendiale
 e'   stato   riconosciuto   solo  per  riparare  alle  situazioni  di
 scavalcamento retributivo dovuto al  trascinamento  della  anzianita'
 pregressa  nell'ambito  degli appartenenti ad un unico ruolo organico
 ovvero per le carriere cui si accede con concorso  di  secondo  grado
 con  esclusione  invece,  i casi in cui la differenza stipendiale sia
 dovuta  a  voci  del  tutto  particolari  prive  dei   requisiti   di
 generalita' ed univocita'.
    La  causa discussa all'udienza del 15 luglio 1992 e' stata oggetto
 di decisione riservata e nuovamente portata in  camera  di  consiglio
 per lo scioglimento della riserva in data 18 novembre 1992.
                             D I R I T T O
    1.  -  E'  utile premettere, preliminarmente, che l'intervento del
 decreto-legge n. 333 dell'11  luglio  1992,  pubblicato  in  Gazzetta
 Ufficiale n. 162 dell'undici luglio 1992, aveva indotto il collegio a
 riservare  la  decisione  per  valutare gli effetti della abrogazione
 disposta con l'art. 2, quarto comma di detto decreto-legge, di alcune
 disposizioni  del  sistema  previdente  che  riconoscevano  il   c.d.
 allineamento stipendiale.
    Segnatamente  della  disposizione di base su cui si era articolata
 una copiosa giurisprudenza - l'art. 4,  terzo  comma,  del  d.l.  27
 settembre  1982,  n. 681, convertito dalla legge 20 novembre 1982, n.
 869 - e delle norme che avevano  esteso  il  principio  al  personale
 militare,   a   quello   dei   Corpi   di   Polizia   ed   a   quello
 dell'amministrazione  civile  dell'interno.  Era   rimasta,   invece,
 formalmente  indenne  la  legge  8  agosto  1991  n.  265  che  aveva
 disciplinato l'istituto  in  parola  con  riguardo  al  personale  di
 magistratura.
    Successivamente  il  decreto-legge suddetto e' stato convertito in
 legge con legge 8 agosto 1992, n. 359, ed, inoltre, con  il  decreto-
 legge n. 784 del 19 settembre 1992 - pubblicato in Gazzetta Ufficiale
 il 19 settembre 1992, n. 221, e convertito dalla legge n.  272 del 18
 novembre 1992 - e' stata dettata una norma - art. 7, sesto comma, del
 citato  decreto-legge  -  secondo  cui  l'art.  2,  quarto comma, del
 decreto-legge n. 333/1992 "va interpretato nel senso che  dalla  data
 di  entrata  in  vigore del predetto decreto-legge non possono essere
 piu' adottati provvedimenti di  allineamento  stipendiale,  ancorche'
 aventi effetti anteriori all'undici luglio 1992".
    2.  -  Appare  necessario  ora  puntualizzare  che  il collegio al
 momento della decisione della causa, fissata per il 18 novembre 1992,
 non  poteva  prescindere  dalla   normativa   sopravvenuta   ed,   in
 particolare,  della  disposizione dell'art. 7, sesto comma, del d.l.
 n. 384/1992 che, come si e' accennato  preclude  la  possibilita'  di
 pronunciare  una statuizione che riconosca l'allineamento stipendiale
 con effetti anteriori all'undici luglio 1992,  come  appunto  sarebbe
 necessario  con  riguardo al caso di specie. Cio' si osserva in punto
 di rilevanza della questione di illegittimita'  costituzionale  della
 disposizione ricordata.
    3. - Ritiene, in effetti, il collegio non manifestamente infondata
 la  questione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7, sesto
 comma, del d.l. n. 384/1992, che viene  posta  d'ufficio  da  questo
 giudice.
     A) Un primo profilo attiene al possibile contrasto delle norme in
 questione con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.
    L'art.  7,  sesto comma, del d.l. n. 381/1992 inibisce al giudice
 amministrativo la pronuncia anche su questioni gia' sottoposte al suo
 giudizio ed in cio' puo' ravvisarsi sia la violazione del diritto  di
 difesa  (24  della Costituzione), che del principio sancito dall'art.
 113 della Costituzione, secondo cui contro gli  atti  della  pubblica
 amministrazione  e'  sempre  ammessa  la  tutela  giurisdizionale  di
 posizioni soggettive,  sia  di  diritto  perfetto  che  di  interesse
 legittimo.
    In  particolare emerge il contrasto con il secondo comma dell'art.
 113 laddove si precisa che la tutela giurisdizionale non puo'  essere
 limitata  "per  determinate categorie di atti", con il che si intende
 evitare che il  legislatore  possa  resecare  da  rapporti  giuridici
 complessi  ed  articolati  aree  nelle  quali  e'  esclusa  la tutela
 giurisdizionale.
    Nel caso in esame un aspetto specifico del  trattamento  economico
 dei  ricorrenti  sul quale verte il presente giudizio, l'accertamento
 del diritto all'allineamento stipendiale, nei confronti di un collega
 che e' entrato in magistratura provenendo dal  ruolo  dei  funzionari
 del  Senato  della Repubblica disciplinato fino all'entrata in vigore
 del d.l.   n. 333/1992 dalle disposizioni  abrogate  con  l'art.  7,
 quarto  comma,  di  detto  decreto e dalla legge 8 agosto 1991 n. 265
 viene sottratto alla pronuncia del giudice con un  meccanismo  invero
 inconsueto,   di   interpretazione   autentica  di  una  disposizione
 abrogativa di alcune disposizioni, il  cui  contenuto  essenziale  e'
 pero'  quello di impedire una pronuncia di accoglimento della domanda
 dei ricorrenti con possibile violazione  delle  norme  costituzionali
 suindicate.
     B)  Emerge alla stregua di queste prime considerazioni, ed avendo
 riguardo non gia' alla posizione dei ricorrenti,  ma  ai  poteri  del
 giudice  un  secondo  profilo  di  illegittimita'  costituzionale  in
 termini di contrasto con gli artt. 3, 101 e 102  della  Costituzione.
 Il  giudice  viene privato del potere di pronunciare, sia in positivo
 che in negativo, sulla domanda dei ricorrenti e  gli  e'  inibito  di
 tener  conto  della  legislazione vigente al momento di presentazione
 del ricorso ed al momento in cui si sono verificati i presupposti sui
 quali la  domanda  si  fonda  (ingresso  in  magistratura  del  dott.
 Esposito  e riconoscimento a quest'ultimo ad personam del trattamento
 goduto quale referendario del Senato della Repubblica).
    L'indipendenza, l'autonomia  e  la  pienezza  della  giurisdizione
 amminitrativa  possono  essere  incise da prescrizioni specifiche del
 legislatore dirette non gia' a  disciplinare  ex  novo  o  anche  con
 effetto  retroattivo  determinate  situazioni  o  rapporti ma aventi,
 invece,  la   funzione   di   elidere   indirizzi   giurisprudenziali
 manifestatisi   in   ambiti   specifici   della   propria  competenza
 giurisdizionale.
      C) Altro aspetto che si impone all'attenzione  del  collegio  e'
 quello  della  incisione nei confronti dei ricorrenti di posizione di
 "diritto quesito" con riguardo alle  quali  (anche  se  e'  ben  noto
 l'indirizzo  del  giudice delle leggi sulla configurabilita' di leggi
 retroattive, sicche' per tale  aspetto  la  norma  in  esame  non  si
 presterebbe a censure di illegittimita' costituzionale), che potrebbe
 rivolgersi,  come  nel  caso in una discriminazione imposta con forma
 retroattiva. Questo profilo puo' determinare  il  contrasto  con  gli
 artt. 3 e 73 della Costituzione.
     D)  Si  osserva  ancora  che puo' ravvisarsi un eccesso di potere
 legislativo - nel che si concreterebbe una violazione  del  principio
 di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  della  Costituzione - nella
 disposizione  qui  considerata,  se  si  ha  riguardo  alla  assoluta
 mancanza  di  contenuto  interpretativo  della norma in esame. Con la
 stessa norma si dispone tout count che provvedimenti di  allineamento
 stipendiale  non  potranno  piu'  essere  resi,  anche  se riferiti a
 periodi anteriori alla norma di abrogazione delle disposizioni su cui
 erano fondati prima dell'undici luglio 1992, senza che sia  possibile
 evincere  in  alcun  modo  quale  sia  la logica che ha condotto alla
 diversa interpretazione di norme  contestualmente  abrogate.  Non  si
 puo',   infatti,   trascurare   la   circostanza   che  il  carattere
 interpretativo dell'art. 7, sesto comma, del d.l. n. 384/1992 ne  fa
 retroagire  gli  effetti  all'undici  luglio  1992  non a data ancora
 anteriore.
     E) Ritiene il collegio, peraltro, che  il  contenuto  sostanziale
 della  disciplina  dettata  con  l'art. 2, quarto comma, del d.l. n.
 333/1992  -  unitamente  alla  ricordata  norma  di   interpretazione
 autentica  non  sia  indenne  da dubbi e perplessita' di legittimita'
 costituzionale.
    Possono essere incisi, infatti, il principio della unicita'  della
 giurisdizione  -  sia pure con salvezza degli aspetti peculiari delle
 giurisdizioni  speciali  -  e  della  necessita'  di  uniformita'  di
 trattamento  dei  magistrati,  a parita' e corrispondenza di funzioni
 nella singola magistratura o, anche, in diverse magistrature.
    Tale principio e'  stato  sostenuto  nel  tempo  sia  dai  giudici
 amministrativi  che contabili ed ha trovato riconoscimento in piu' di
 una  pronuncia  significativa   della   Corte   costituzionale,   con
 l'ulteriore conseguenza che il trattamento economico dei magistrati -
 che  e'  una  delle  condizioni  di  fatto  idonee  a  garantirne  la
 indipendenza ed autonomia -  non  puo'  essere  diversificato,  nella
 sussistenza  di eguali o corrispondenti condizioni di esercizio della
 funzione, senza ragioni valide ed effettive che trovino  riscontro  e
 giustificazione    essenzialmente   nell'esercizio   della   funzione
 giurisdizionale stessa.
    Cio' in linea con gli artt. 3, 36 e 97 e 101 della Costituzione.
    Il mantenimento di meccanismi di riconoscimento  delle  anzianita'
 variegati  e  suscettibili  di  determinare  -  attraverso  il  "c.d.
 trascinamento"  della  anzianita'  pregressa  -  forti  o   sensibili
 differenze di retribuzione all'interno della singola magistratura ed,
 inoltre,  il  riconoscimento  ad personam di trattamenti economici in
 godimento  prima  dell'accesso  alla  magistratura  ordinaria   (oggi
 escluso  dall'art.  1,  terzo  comma,  della  legge  n.  265/1991 con
 disposizione chiaramente innovativa e non applicabile ai ricorrenti),
 induce  il  collegio  a  ritenere  che  si   muti   cosi'   l'assetto
 istituzionale  dato  in  precedenza  a  queste  materie  con principi
 affermati dalla Corte  costituzionale  e  richiede  una  verifica  di
 conformita' ai principi e norme costituzionali soprarichiamati.
    Questo  profilo  di  illegittimita' costituzionale coinvolge anche
 l'art. 2 quarto comma, del d.l. n. 333/1992.